Clair Obscur: Expedition 33, a volte è bene dirsi addio – Brainstorming
Un brainstorming sulle prime venticinque ore di gioco su Clair Obscur, l'RPG francese che sta facendo sognare tutti. Sì, anche me.
Ormai sempre più straordinario e inaspettato, Clair Obscur: Expedition 33 si sta avvicinando per essere il primo, grande FRPG. Ovvero un gioco di ruolo à la francese, come qualcuno ha specificato. In questo breve ma intenso articolo, vado ad approfondire un concetto che in queste venti ore di gioco mi sembra molto importante da ribadire. No, non l’ho ancora concluso.
In Clair Obscur: Expedition 33 c’è un’accettazione della morte che trovo stridente quanto insopportabile. È l’unica promessa mantenuta in quella che resta di una Parigi invasa dalle macerie, ora chiamata Lumiére, che in francese ha un significato speciale. Significa “Luce”. È una luce abbagliante che nasce dalla volontà dei pochi sopravvissuti della razza umana che, anno dopo anno, scompaiono a causa della Pittrice, un’oscura entità che disegna il fatto delle sue prossime vittime e le uccide per sempre. È una lenta, densa, brutale condanna, nonché l’unica sicurezza garantita dall’essere di cui vi sto parlando oggi.
In queste prime venticinque ore di gioco, ben lontano dalla conclusione, ho capito qualcosa di ben più importante del classico contesto dark fantasy a cui siamo abituati: che niente è sicuro. Sandfall Interactive, il team dietro a questo capolavoro ludico ed estetico, racconta la morte con la leggerezza necessaria che ci vuole quando si osserva la fine e si sa già che la stessa è garantita. La speranza si perde dal momento in cui giunge la morte di coloro che provano incessantemente a vivere l’esistenza con l’assicurazione di un futuro.
Se però questo futuro non è garantito, che senso ha vivere davvero? È la domanda che Sandfall Interactive pone all’inizio del gioco e la prosegue. Non ho ancora visto come finisce, ma ho già compreso quali sono le intenzioni e dove si vuole andare a parare. Un brainstorming simile nasce dalla volontà di raccontare il vissuto, quello che è insito in ognuno di noi, e che traspare attraverso Gustave, Maelle, Lune e Sciel con la stessa profondità di cui nessuno si aspetterebbe.
E nonostante l’arrivo di nuovi personaggi, di cui è meglio non parlare al momento, le sensazioni che nascono da questo lungo preludio che mi accingo a raccontare sono molteplici. La più importante è legata alla consapevolezza della fine, il canovaccio da cui parte questo approfondimento, il cui legame sopraggiunge con un addio, con una promessa, con un sogno e con l’ambizione di vedere l’umanità al sicuro.
Perdere tutto, perdere noi
Nel mondo tumultuoso messo in mostra da Sandfall Interactive, ciò che viene messo alla luce è l’essenza dell’umanità in ogni sua sfumatura. Sentirsi persi è naturale perché chiunque saprebbe cosa significa doversi interfacciare con la fine e ciò che ne consegue. La Pittrice rappresenta quella fine. Dipinge la morte su teli tutti diversi su cui sono appuntate le date di coloro che sono destinati a scomparire. O finiscono come le vittime di Thanos in Infinity War, o muoiono in ciò che resta del mondo conosciuto. Questo è il destino degli abitanti di questo luogo da cui dipende ogni silenzio e sberleffa. Le decisioni vengono prese con il dolore e con quest’ultimo viene messo in luce il sangue da cui si generebbe la rabbia, se ce ne fosse ancora.
Ma nel mondo di cui vi sto parlando, qua non c’è più rabbia. C’è la consapevolezza, che è l’arma più letale del pennello della pittrice, poiché rappresenta la sua furia e volontà, nonché la sua unica ambizione. È un mondo brutale, quello messo in piedi da Sandfall Interactive. Mentre la morte viene dipinta come se fosse un quadro, coloro che tentano di salvare il mondo sono i fautori del destino di ogni grammo di pittura perduto.
È il sangue il colore preferito, tanto che il mare che separa Lumiére dal Monolite in cui vive attende silente la Pittrice potrebbe addirittura addurre al Fiume Caronte ne la Commedia di Dante Alighieri. La filosofia della morte raccontata in Clair Obscur: Expedition 33 esplora il dolore umano, a sua volta legato dal sogno di una speranza da ricercare nell’umanità.
Ma se neppure l’uomo riesce a trovare una risposta a quel dolore, come può qualcuno provare a notare la bellezza del creato? Perché il mondo di Clair Obscur, nella sua tenue oscurità e nelle sue stranezze, è affascinante e ricolmo di meraviglie, ma è soprattutto sotto il giogo di un’entità superiore. La morte, dunque, è inevitabile. Qualsiasi scelta si prenda.
Se c’è una speranza, è dentro di noi
Come accennavo, non ho ancora concluso il videogioco di Sandfall Interactive. Ho solo toccato la superficie, dopo quasi trenta ore di gioco. Eppure, i significati, la filosofia e anche il destino vengono fuori inevitabili, come a ricercare qualcosa nel buio scatenato da una volontà brutale.
È come una rosa con i rampicanti, il mondo di Clair Obscur. Anche se i petali sono belli e qualcuno è indotto a toccarli per sentirsi sollevato, le spine sono pronte a pungere. Quelle spine sono dominate dalla Pittrice, che ha una sola missione: devastare e annientare l’umanità e prosciugarla completamente, levandole completamente la speranza.
È un brutale antagonista che mette gli anni delle persone davanti a sé, che sa come temporeggiare per eliminare chiunque, e che propaga l’immortalità in cambio dell’obbedienza assoluta. Oltre quelle terre brutali, altri hanno perso la vita in innumerevoli occasioni. Cosa spinge qualcuno a compiere una missione suicida, nonostante tutto? Ciò che spinge qualsiasi essere umano ad andare oltre una montagna o un oceano, ma anche le stelle: la scoperta.
A Fefa e Lore…